Entro piano nella casa del folle;
non apro le persiane, non tolgo la polvere.
Arrivo alla sua camera che ancora dorme
nel mattino troppa aria per occhi
di dolente marrone pallido.
Guardo la nuca rigida
e il corpo che non sente
neppure il pigiama.
Mi siedo accanto e gli porto l'asfalto
ripulendolo dal rumore, dall'odore del mese,
dal peso della gente.
Cerco di non affollarlo di niente;
il suo corpo vuoto è una stanza:
sogni vi soffiano dentro
bolle di vecchio dolore.
La ragione cos'è?
Arrivo qui e mi stendo
al piede del suo letto coma a una pianta
ed entra dentro di me, dal folle, quasi
fune elettrica, una bianca, stanca,
atroce vitalità.
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