Dalle valanghe d'oro del vecchio azzurro, il giorno
Primevo e dalla neve immortale degli astri,
Un tempo i grandi calici tu ritagliasti intorno,
Per la terra ancor giovane, vergine di disastri.
Il gladiolo selvaggio, cigni dal collo fino,
E quel divino lauro dell'anime esiliate
Vermiglio come l'alluce puro del serafino
Che colora un pudore d'aurore calpestate.
Il giacinto ed il mirto, adorato bagliore,
E,- simile alla carne della donna, la rosa
Crudele, del giardino chiaro Erodiade in fiore,
Quella che uno splendente feroce sangue irrora!
Tu facesti il candore dei gigli singhiozzanti
Che mari di sospiri sorvola dolcemente
E per l'azzurro incenso dei pallidi orizzonti
In sogno lento sale alla luna piangente!
Osanna sopra il sistro e dentro l'incensiere,
Nostra Signora, osanna da questi nostri limbi!
E si disperda l'eco nelle celesti sere,
Estasi degli sguardi, scintillio dei nimbi!
O Madre, che creasti nel seno giusto e forte,
Calici in sé cullanti una futura essenza,
Grandi corolle con la balsamica Morte
Per lo stanco poeta roso dall'esistenza.
Stéphane Mallarmé
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